Il dibattito sull’intelligenza artificiale si fa sempre più acceso, in modo particolare quando si tratta di analizzare il suo impatto sulla Generazione Z e sulle prospettive di ingresso nel mondo del lavoro.
Sembra quasi che la tecnologia, invece di aprire e facilitare nuove prospettive, stia mettendo i bastoni tra le ruote ad esempio a chi muove i primi passi nel mondo del lavoro.
Ma è davvero così?
La domanda che ci possiamo fare nel rapporto tra Generazione Z e IA è se quest'ultima chiude le porte o apre invece nuove opportunità?
Il dato che preoccupa è quello relativo alle assunzioni: ad esempio nel 2024, le aziende del settore tech hanno ridotto del 25% le opportunità per i neolaureati rispetto all’anno precedente. Inoltre le aziende stanno rivedendo le proprie strategie di recruiting, tagliando soprattutto sui lavori entry level, ovvero quelle mansioni considerate più facilmente sostituibili da processi automatizzati.
Non è difficile intuire il motivo: le attività ripetitive, standardizzate e a basso valore aggiunto sono il terreno ideale per l’automazione. I sistemi di IA generativa riescono a svolgere questi compiti con una rapidità e una precisione che difficilmente possono essere eguagliate da un essere umano alle prime armi.
Eppure, esiste anche un rovescio della medaglia. Se da un lato si assiste a una contrazione delle opportunità per chi è all’inizio del percorso, dall’altro cresce la richiesta di figure con esperienza alle spalle. È il classico paradosso del lavoro: si cercano persone già formate, ma si riducono gli spazi per chi dovrebbe formarsi sul campo. Un vero e proprio circolo vizioso che rischia di lasciare la Generazione Z in un limbo di attesa e incertezza.
Tuttavia, non tutto è perduto. Guardando con maggiore attenzione, emergono segnali che invitano a non cedere a una visione catastrofista. Un recente sondaggio IBM rivela che ben tre progetti di intelligenza artificiale su quattro non raggiungono il ritorno sull’investimento promesso. E uno studio del National Bureau of Economic Research sottolinea come, almeno per ora, la tecnologia non abbia ancora intaccato in modo significativo i salari o le ore lavorate nei settori più esposti.
Inoltre, molte organizzazioni stanno iniziando a considerare l’intelligenza artificiale non come una minaccia, ma come uno strumento di supporto per i giovani talenti. In ambiti come il marketing e l’assistenza clienti, la tecnologia viene utilizzata per potenziare la produttività, permettendo ai dipendenti di dedicarsi ad attività a più alto valore aggiunto e di acquisire nuove competenze. In altre parole, il futuro non è già scritto: molto dipende da come sapremo sfruttare le opportunità che la trasformazione digitale ci offre.
Proprio per questo si può consigliare ai giovani di puntare sulle competenze STEM, ma senza trascurare le cosiddette “metacompetenze” – pensiero critico, creatività, adattabilità – che rappresentano un valore aggiunto in un mercato del lavoro sempre più dinamico e imprevedibile. In fondo, se c’è una cosa che l’automazione non potrà mai replicare, è la capacità umana di reinventarsi, di leggere tra le righe, di trovare soluzioni originali ai problemi complessi.